Menu

header photo

La storia

Nel 1939 Gino De Andreis, cugino di Eugenio Montale e quindi genovese con sangue monterossino, comprò dalla famiglia Montale il primo piano di una casa nella pineta, la Vecchiona, e vent'anni anni dopo anche i ruderi di Villa Pastine, magnifica villa in stile liberty costruita negli anni Venti dall’architetto parmense Rolando Levacher e dallo scultore Arrigo Minerbi. Ai piedi della villa diroccata c’era una piccola spiaggia di ciottoli che la moglie Bebe attrezzò con cabine mobili di tela e ombrelloni.

Una cariatide di proporzioni ciclopiche, il Gigante, dominava la spiaggetta sorreggendo una terrazza a forma di conchiglia proprio sopra lo sperone di roccia a picco sull’acqua.

Alla fine degli anni Cinquanta iniziarono i lavori del porticciolo e una galleria fu scavata sotto lo scoglio del Gigante; il molo a protezione del piccolo porto naturale fu ultimato nel 1959 e prolungato poco tempo dopo a causa delle forti mareggiate.

Mentre si “gettavano le fondamenta” del porticciolo, fu demolito ciò che rimaneva di Villa Pastine salvando in parte la struttura della torre.

Il destino del Gigante, a cui un proiettile di mortaio durante la guerra sembrava aver dato il colpo di grazia, era a rischio. De Andreis non sapeva se demolirne i resti o cercare di recuperarli. Ci fu una sommossa popolare e una levata di scudi a favore del Gigante: De Andreis decise per il restauro, promosse una sottoscrizione per il recupero della cariatide e versò lui stesso il primo milione di lire. Naturalmente nessun altro versò un soldo! Così iniziò il restauro conservativo e la messa in sicurezza del Gigante, che ancora oggi è uno dei simboli più amati e fotografati di Monterosso.

È il 1960 quando De Andreis salda un conto di ventitré milioni di lire per i lavori di sistemazione del porticciolo, e a chi gli chiede come ha investito il suo denaro risponde: “Io i miei soldi li ho buttati in mare!”.

Nel 1961, nel giorno del suo compleanno, inaugura la versione definitiva del porticciolo così come lo vediamo ancora oggi, uno dei primi porti turistici del Tirreno, premessa di quello che quattro anni dopo, il 26 maggio 1965, con atto notarile, diventerà formalmente il Circolo Velico Monterosso.

Nei mitici anni Sessanta sono poche le famiglie che frequentano la spiaggetta sassosa, a cui si aggiunge la Rotonda, dove i bagnanti si stendono al sole o sotto l’ombrellone. All’inizio i frequentatori sono amici, ospiti dei De Andreis, e il “pranzo” di mezzogiorno è un semplice picnic, poi arrivano altri turisti habitué e nel giro di pochi anni il pranzo verrà preparato nella cucina della Meridiana, la casa che nel frattempo è sorta dalle rovine di Villa Pastine.

L’organizzatrice delle attività e dei servizi è Bebe, soprannominata con affettuosa ironia "l’Ammiraglia" e poi, con il passare degli anni, "nonna Bebe": grazie a lei la vita sociale si arricchisce e il Circolo diventa il posto ideale per la stagione estiva. Alle regate e maratone ufficiali si alternano le gare di nuoto tra soci, i tornei di pallanuoto, le passeggiate, le gite in barca, i tornei di carte, le sfilate di moda pubblicitarie, le battute di pesca, le recite dei ragazzi e festeggiamenti vari.

Nel tempo le cabine di tela vengono sostituite con quelle in legno, si procede alla manutenzione e al rinforzo dei moli, si costruisce una tettoia per il ricovero invernale delle barche e il campo di bocce, si crescono le nuove generazioni e la spiaggetta richiama nuovi frequentatori.

All’inizio degli anni Novanta gli iscritti al Circolo superano quota duecento: la struttura è sempre più articolata e sempre meno familiare, si rendono necessarie opere di ristrutturazione e un nuovo assetto societario. Nel 1996 il Circolo Velico avvia una trattativa con la famiglia De Andreis per la cessione dei terreni. Nel 1999 si costituisce la società Immobiliare Il Gigante che diventa proprietaria dei fabbricati e delle aree in uso al Circolo Velico Monterosso.

Dal 2006 il CVM è intitolato a Gino e Bebe De Andreis, un omaggio a coloro che con generosa lungimiranza hanno dato avvio a una storia che ogni estate rivive e trova nuova linfa nelle generazioni che si avvicendano all'ombra del Gigante.